IL TRIBUNALE RITENUTO IN FATTO In data 31 ottobre 1990 e' stato notificato a Santos Rapael, che si trova, e si trova attualmente, in stato di custodia cautelare in carcere, decreto di giudizio immediato in relazione al delitto di cui agli artt. 81 cpv. del c.p. e 71 e 74 della legge n. 685/1975, accertato in Genova il 12 settembre 1990. Il 9 novembre, quindi oltre i sette giorni dalla notifica del decreto all'imputato ed entro i sette giorni dall'avviso al difensore, il difensore depositava nella cancelleria del g.i.p. la richiesta di giudizio abbreviato, sottoscritta dall'imputato in data 8 novembre presso la direzione della casa circondariale di Genova. La richiesta e' stata dichiarata inammissibile dal g.i.p., in quanto presentata dall'imputato, oltre il termine prescritto dall'art. 458, primo comma, del c.p.p. Il difensore, nella odierna udienza, ha sollevato, la questione di costituzionalita' dell'art. 458, primo comma, del c.p.p. "nella parte in cui fa decorrere il termine di decadenza di sette giorni per la richiesta di giudizio abbreviato dalla notifica del decreto del g.i.p. all'imputato stesso e non dalla notifica al difensore fiduciario". Il p.m. ha chiesto, in udienza, che sia dichiarata non manifestamente infondata la predetta questione di costituzionalita'. O S S E R V A Appare, non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituione, la questione di costituzionalita', sollevata dal difensore dell'art. 458, primo comma, del c.p.p., nella parte in cui fa decorrere il termine per la presentazione della richiesta di giudizio abbreviato dalla notifica all'imputato del decreto e non dalla notifica dell'avviso al suo difensore. E' vero che il legislatore ha attribuito esclusivamente all'imputato la facolta' di chiedere il giudizio abbreviato, ma e' ovvio che una scelta cosi' delicata, e cosi' ricca di implicazioni di vario tipo, richiesta l'assistenza tecnico-professionale di un difensore. L'assistenza tecnica del difensore appare necessaria, non solo al fine di orientare la scelta dell'imputato, ma anche al fine di aiutarlo concretamente ad esercitare questa sua facolta'. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 149 dell'8 agosto 1983, ha precisato che il diritto di difesa implica non solo la tutela del contradditorio e della partecipazione processuale, ma anche quella della assistenza tecnica. Non pare che l'assistenza tecnica, e quindi il diritto di difesa, sia assicurata con il citato disposto dell'art. 4, primo comma, del c.p.p., laddove l'esercizio di questa facolta' dell'imputato viene sottoposto ad un brevissimo termine di decadenza, decorrente non dal giorno della notifica dell'avviso al difensore ma da quello della notifica del decreto all'imputato. Cio' che comporta, per il difensore, di fatto, una grossa difficolta' a contribuire, con il suo necessario apporto tecnico- professionale, alla scelta dell'imputato e all'esercizio, in concreto della citata facolta'. La questione, e' gia' stata sollevata, negli stessi termini, dal tribunale di Torino con ordinanza 23 maggio 1990 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie speciale n. 33, del 22 agosto 1990. E' altresi' doveroso, sottolineare, che nel procedimento in corso, la questione, appare di evidente rilevanza, perche' la richiesta del giudizio abbreviato, presentate entro sette giorni dalla notifica al difensore dell'avviso della data fissata per il giudizio, sarebbe nell'ipotesi di illegittimita' costituzionale della norma ex art. 458, primo comma, del c.p.p. certamente ammissibile. La questione di costituzionalita', che il tribunale rileva e solleva di ufficio, con riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, riguarda l'art. 458, primo comma, del c.p.p.; nella parte in cui prevede che nel termine di decadenza di sette giorni l'imputato debba depositre la richiesta di giudizio abbreviato, con la prova della avvenuta notifica al pubblico ministero. Intanto l'onere di questa prova appare eccessivamente gravoso per l'imputato, avuto riguardo alla ristrettezza del termine. Questo onere, soprattutto quando e' detenuto, e nel caso si tratti di imputato straniero, detenuto o meno, e' tale da rendere di fatto, estremamente difficile, quale che siano le modalita' della notifica, l'esercizio da parte dell'imputato stesso del diritto di difesa, nel cui ambito si colloca la facolta' di chiedere il giudizio abbreviato. L'inserimento dell'onere di provare l'avvenuta notifica al pubblico ministero della richiesta di giudizio abbreviato, nel termine di decadenza, appare inoltre in contrasto con il principio di ragionevolezza, dipendendo essenzialmente il suo adempimento da fattori esterni e, percio' stesso, estranei alla volonta' dell'imputato, al suo impegno, alle sue effettive possibilita'. Si deve inoltre sottolineare la ingiustificata disparita' di trattamento dell'imputato, in questo caso, rispetto all'imputato che si trovi in situazioni analogiche, nell'ambito dei procedimenti speiali, in particolare, nel procedimento dinanzi al pretore, in base a quanto disposto dagli artt. 557 e 555, primo comma, lett. e), 556, 560, del c.p.p. la richiesta deve essere presentata dall'imputato entro quindici giorni dalla notifica del decreto (quindi in un termine piu' che doppio rispetto a quello di cui all'art. 458, primo comma, e nessun onere ulteriore e' previsto a carico del richiedente (la richiesta infatti, deve essere presentata direttamente al p.m., che provvedera' a trasmettere gli atti al g.i.p.; con il suo parere). A questo rilievo si potrebbe obbiettare, sul punto dei termini, che, nel procedimento pretorile, la notifica del decreto di citazione a giudizio puo' costituire la prima notizia che l'imputato riceve dell'esistenza di un procedimento a suo carico, mentre il decreto che dispone il rinvio a giudizio immediato presuppone l'interrogatorio dell'indagato. Tuttaviva, non pare che questa indubbia diversita' di situazione assuma, rispetto al particolare problema della concreta possibilita' di accesso al giudizio abbreviato, un rilievo tale da giustificare una cosi' radicale disparita' di trattamento. Appare altresi' ingiustificata la disparita' di trattamento dell'imputato, nel giudizio immediato, rispetto all'imputato nel giudizio ordinario, sia per quanto attiene il termine per la presentazione della richiesta, sia per quanto attiene l'onere; assai semplificato nelle sue modalita', della previa acquisizione del consenso del p.m. Nel giudizio ordinario, la richiesta di giudizio abbreviato puo' essere presentata prima dell'udienza preliminare e nel corso dell'udienza stessa fino a che non siano formulate le conclusioni. In particolare, l'avviso della udienza deve essere notificato sia all'imputato, sia al difensore "almeno dieci giorni prima dell'udienza" (art. 419, terzo comma). La richiesta puo' essere presentata per iscritto, almeno cinque giorni prima della data fissata per l'udienza unitamente al consenso del p.m. (art. 439, primo comma), ovviamente acquisibile senza alcuna formalita'. Ma la richiesta, e qui si rileva nettamente la disparita' di trattamento, puo' essere presentata oralmente dall'imputato nel corso dell'udienza preliminare (art. 439, secondo comma) e nel corso della stessa udienza puo' essere acquisito il consenso del p.m. Anche qui, valgono le obiezioni sopra prospettate, per la possibile "novita'" della contestazione per l'imputato. Non pare, per altro, che questa diversita' giustifichi, anche in questo caso, la radicale diversita' di trattamento. Infine, la brevita' dei termini, e la complessita' del prescritto adempimento connesso (l'onere di provare l'avvenuta notifica della richiesta al p.m.), non sembra trovare una spiegazione in esigenze di coordinamento con altri termini o scadenze particolari del rito immediato. Il termine a comparire e' lo stesso del giudizio ordinario e, nell'ambito di questo, un periodo di tempo piu' ampio per la richiesta del giudizio abbreviato ed una semplificazione delle modalita' di acquisizione del consenso del p.m., non avrebbero portato, concretamente, sovrapposizione con i termini previsti per altri adempimenti, quali, ad esempio, la presentazione delle liste testimoniali. A questo punto, la rilevanza delle due questioni nel procedimento pare evidente. Nel caso in cui le questioni venissero riconosciute fondate gli atti del procedimento dovrebbero essere ritrasmessi al g.i.p., il quale dovrebbe provvedere ai sensi dell'art. 458, secondo comma, del c.p.p., se il p.m., portata a conoscenza della richiesta, esprimera' il suo consenso alla richiesta stessa.